campionato 2006-2007 serie b napoli storia campionato squadra palmares tifosi città stadio aurelio de laurentis edy reja emanuele calaiò pià pampa sosa christian bucchi Ricette Napoletane I Primi Piatti Il ragù di Matilde Serao Bucatini alla Napoletana Bucatini alla Scugnizzo Pasta e patate Pasta e zucca Pasta e lenticchie Pasta e cavoli Pasta e ceci Pasta e piselli Pasta e fagioli Zuppa di cozze Maccheroni al forno Spaghetti con le vongole Vermicelli al pomodoro Vermicelli di scammaro Brodino vegetale Fagioli alla paesana Fagioli e cozze Fagioli e scarole Lasagne Sartù di riso Arancini di riso Gattò di patate Mozzarella in carrozza Minestra marinata Gnocchi di patate Insalata di riso Cannelloni Tagliatelle alla genovese Bucatini con mozzarella e basilico Spaghetti cozze e vongole Spaghetti al sugo di polipi I Secondi Carcioffole marinate c'alici Bollito di carne e verdura Melanzane ripiene Bistecchine alla napoletana Bocconcini alla napoletana Alici fritte Alici marinate Braciolone al ragù Braciolette al forno Scaloppine di pollo Scaloppine al limone Coniglio alla contadina Involtini di fegato Trippa Salsicce al forno con patate Spezzatino di pollo Carne alla genovese Osso buco Cotoloette al forno Capretto Agnello Polpette di baccalà Polipo affogato Cicinielli Seppie ripiene I Contorni Bruschetta Panzerotti Insalata Caprese Caponata di pomodori Insalata di rinforzo Friarielli Carciofi fritti Parmigiana di melenzane Peperoni imbottiti di carne Carciofi ripieni al forno Polpette piccanti Dolci Babà Bignè Pastiera Struffoli Zeppole di S.Giuseppe Sfogliatelle frolle Crema pasticciera Pan di Spagna Chiacchiere Torrone Dolce di banana http://www.conosciamonapoli.it Palmares 2 Scudetti (1987, 1990) 1 Coppa UEFA (1989) 3 Coppe Italia (1962, 1976, 1986) 1 Supercoppa Italiana (1991) 1 Coppa delle Alpi (1966) 1 Scudetto Primavera (1978) 1 Torneo di Viareggio (1975) Piazzamenti 1904 Fondazione del Naples 1912 Fondazione dell'Internazionale Napoli 1912/13 Partecipa per la prima volta al campionato Federale. Vince il girone campano ed è secondo nelle finale del Centro-Sud 1913/25 Continua a partecipare al girone Campano e alle finali Centro-Sud 1926 1 Agosto: fondazione dell'Associazione Calcio Napoli 1926/27 10° nel Girone A del campionato nazionale 1927/28 9° nel Girone A del campionato nazionale 1928/29 8° nel Girone B del campionato nazionale 1929/30 5° in Serie A 1930/31 6° in Serie A 1931/32 9° in Serie A 1932/33 3° in Serie A 1933/34 3° in Serie A 1934/35 7° in Serie A 1935/36 8° in Serie A 1936/37 13° in Serie A 1937/38 10° in Serie A 1938/39 5° in Serie A 1939/40 13° in Serie A 1940/41 7° in Serie A 1941/42 15° in Serie A, retrocesso in Serie B 1942/43 3° in Serie B 1944/45 3° nel Campionato Campano 1945/46 1° nel Campionato misto Centro-Sud. 5° nel Girone Finale. Promosso in Serie A 1946/47 8° in Serie A 1947/48 21° in Serie A, retrocesso in Serie B 1948/49 5° in Serie B 1949/50 1° in Serie B, promosso in Serie A 1950/51 6° in Serie A 1951/52 6° in Serie A 1952/53 4° in Serie A 1953/54 5° in Serie A 1954/55 6° in Serie A 1955/56 14° in Serie A 1956/57 11° in Serie A 1957/58 4° in Serie A 1958/59 7° in Serie A 1959/60 13° in Serie A 1960/61 17° in Serie A, retrocesso in Serie B 1961/62 2° in Serie B, promosso in Serie A. Vince la Coppa Italia 1962/63 16° in Serie A, retrocesso in Serie B 1963/64 8° in Serie B 1964/65 2° in Serie B, promosso in Serie A 1965/66 3° in Serie A, vince la Coppa delle Alpi 1966/67 4° in Serie A 1967/68 2° in Serie A 1968/69 7° in Serie A 1969/70 6° in Serie A 1970/71 3° in Serie A 1971/72 8° in Serie A 1972/73 9° in Serie A 1973/74 3° in Serie A 1974/75 2° in Serie A 1975/76 5° in Serie A, vince la Coppa Italia 1976/77 7° in Serie A, vince la Coppa di Lega Italo-Inglese 1977/78 6° in Serie A 1978/79 6° in Serie A 1979/80 11° in Serie A 1980/81 3° in Serie A 1981/82 4° in Serie A 1982/83 10° in Serie A 1983/84 12° in Serie A 1984/85 8° in Serie A 1985/86 3° in Serie A 1986/87 1° in Serie A, Campione d'Italia. Vince la Coppa Italia 1987/88 2° in Serie A 1988/89 2° in Serie A, vince la Coppa UEFA 1989/90 1° in Serie A, Campione d'Italia 1990/91 8° in Serie A, vince la Supercoppa Italiana 1991/92 4° in Serie A 1992/93 11° in Serie A 1993/94 6° in Serie A 1994/95 7° in Serie A 1995/96 12° in Serie A 1996/97 13° in Serie A 1997/98 18° in Serie A, retrocesso in Serie B 1998/99 9° in Serie B 1999/00 2° in Serie B, promosso in Serie A 2000/01 16° in Serie A, retrocesso in Serie B 2001/02 5° in Serie B 2002/03 15° in Serie B 2003/04 13° in Serie B www.solonapoli.com Calciatori Storici Antonio Careca Ciro Ferrara Daniel Fonseca Diego Armando Maradona Dino Zoff Fabio Cannavaro Gianfranco Zola Josè Altafini Omar Sivori I migliori video di Diego Armando Maradona El pibe de oro Diego Armando Maradona Ed è subito Amore a prima vista Maradona nasce il 30 ottobre 1960 nel quartiere disagiato di Villa Fiorito, nella periferia di Buenos Aires. Il calcio sin da bambino è il suo pane quotidiano: come tutti i ragazzini poveri della sua città passa gran parte del tempo per strada giocando a pallone o facendosi le ossa in campetti disastrati. Sono i piccoli spazi in cui è costretto a giocare, fra macchine, passanti e quant'altro, che lo abitua a manovrare la palla in maniera magistrale. Già idolatrato dai compagni di gioco per le sue doti mirabolanti, da subito gli viene appioppato il soprannome di "El pibe de oro" (il ragazzo d'oro), che gli rimarrà affibiato anche quando diverrà una celebrità. Preso atto del suo talento tenta la strada del calcio professionistico: la sua carriera inizia nell'"Argentinos Juniors", per poi proseguire nel "Boca Juniors", sempre in Argentina. Le sue straordinarie capacità non potevano non essere notate e al pari del suo grande predecessore brasiliano Pele', a soli sedici anni è già precettato per giocare nella nazionale Argentina, bruciando in questo modo fulmineamente tutte le tappe. Menotti però, commissario tecnico argentino d'allora, non lo convoca per i mondiali del 1978 ritenendolo comunque troppo giovane per un'esperienza forte e importante come quella. Il paese sembra non gradire più di tanto la scelta di Menotti: tutti pensano, stampa locale in testa, che invece Maradona sarebbe perfettamente in grado di giocare. Per parte sua, il Pibe de Oro si rivale vincendo i campionati giovanili per nazioni. Da quel momento l'escalation del campioncino è inarrestabile. Dopo fulminanti prove in campionato, vola per i mondiali di Spagna 1982 dove dona luce ad una non eccezionale Argentina con due gol, anche se nei momenti chiave delle partite con Brasile e Italia, non riesce a brillare come dovrebbe, facendosi pure espellere. E' quasi un mito: l'unico calciatore diventato così popolare e così amato da eclissare quasi del tutto la stella del calcio per eccellenza, Pele'. Successivamente l'ingaggio-record con il quale il Barcellona lo convince a lasciare il Boca Juniors è di sette miliardi di lire dell'epoca. Purtroppo però con la squadra spagnola gioca solamente trentasei partite in due anni, a causa di un bruttissimo infortunio, il piú grave della sua carriera. Andoni Goicoechea, difensore dell'Athletic Bilbao, gli frattura la caviglia sinistra e gli rompe il legamento. L'avventura successiva è forse quella più importante della sua vita (mondiale a parte, si capisce): dopo numerose trattative approda alla città che lo eleggerà a suo portabandiera, che lo innalzerà a idolo e santo intoccabile: Napoli. Lo stesso Pibe de oro ha più volte affermato che quella è diventata la sua seconda patria dopo l'Argentina... Il sacrificio della società fu notevole, non c'è che dire (una cifra colossale per l'epoca: tredici miliardi di lire), ma sarà uno sforzo ben ripagato dalle performance di Diego, capace di portare per ben due volte la squadra allo scudetto. Viene coniata una significativa canzone che mette a confronto i due miti, cantata a squarciagola dai tifosi che urlano "Maradona è meglio di Pelé". Diego Armando Maradona tocca l'apice della carriera ai mondiali di Messico 1986. Trascina l'Argentina alla conquista della Coppa del Mondo, segna complessivamente cinque reti (e fornisce cinque assist), e sarà premiato quale miglior giocatore della rassegna. In più: nei quarti di finale con l'Inghilterra realizza la rete passata alla storia come quella della "mano di Dio", uno "sberleffo" che ancora oggi il calcio non ha dimenticato (Maradona segnò di testa "aiutandosi" a metterla dentro con la mano). Dopo pochi minuti, invece, realizza il gol-capolavoro, quel "balletto" che lo vede partire da centrocampo, e dribblando mezza squadra avversaria, lo vede depositare la palla in rete. Un gol che è stato votato da una giuria di esperti come il più bello della storia del calcio! Infine guida praticamente da solo l'Argentina fino al trionfo contro la Germania Ovest per 3-2 nella finale mondiale. Da quel successo Maradona ha portato ai vertici del calcio europeo anche il Napoli: come detto, due scudetti vinti, una coppa Italia, una coppa Uefa e una Supercoppa italiana. Poi venne Italia '90 e, quasi in contemporanea, il declino del campione idolatrato in tutto il mondo. L'Argentina in quel mondiale arriva sì in finale, ma perde contro la Germania per un rigore di Brehme. Maradona scoppia in lacrime, denunciando successivamente: "E' un complotto, ha vinto la mafia". Sono solo i primi segnali di un'instabilità emotiva e di una fragilità che nessuno sospetterebbe da un uomo come lui, abituato a rimanere sempre al centro dei riflettori. Un anno più tardi (è il marzo 1991) viene scoperto positivo a un controllo antidoping, con la conseguenza che viene squalificato per quindici mesi. Lo scandalo lo travolge, fiumi di inchiostro vengono spesi per analizzare il suo caso. Il declino sembra inarrestabile; si presenta un problema dietro l'altro. Non basta il doping, entra in scena anche il "demone bianco", la cocaina, di cui Diego, a quanto riportano le cronache, è un assiduo consumatore. Infine emergono gravi problemi con il fisco, a cui si affianca la grana di un secondo figlio mai riconosciuto. Quando la storia del campione sembra avviarsi a una triste conclusione, ecco l'ultimo colpo di coda, la convocazione per USA '94, a cui si deve uno strepitoso gol alla Grecia. I tifosi, il mondo, sperano che il campione sia finalmente uscito dal suo oscuro tunnel, che torni ad essere quello di prima, invece viene nuovamente fermato per uso di efedrina, sostanza proibita dalla FIFA. L'Argentina è sotto choc, la squadra perde motivazione e grinta e viene eliminata. Maradona, incapace di difendersi, grida a un ennesimo complotto contro di lui. Nell' ottobre del 1994 Diego viene ingaggiato come allenatore dal Deportivo Mandiyù, ma la sua nuova esperienza finisce dopo solo due mesi. Nel 1995 allena la squadra del Racing, ma dà le dimissioni dopo quattro mesi. Poi torna a giocare per il Boca Juniors e i tifosi organizzano una grande e indimenticabile festa allo stadio della Bombonera per il suo ritorno. Rimane al Boca fino al 1997 quando, nel mese di agosto, viene trovato nuovamente positivo ad un controllo antidoping. Nel giorno del suo trentasettesimo compleanno, el Pibe de oro annuncia il suo ritiro dal calcio. Conclusa la sua carriera calcistica Diego Armando Maradona sembra aver avuto qualche problema di "assestamento" e di immagine: abituato ad essere idolatrato dalle folle e amato da tutti, sembra che non si sia ripreso all'idea che la sua carriera fosse finita e che quindi i giornali non avrebbero più parlato di lui. Se non parlano più di lui dal punto di vista calcistico, però lo fanno nelle cronache dove Diego, per una cosa per l'altra (qualche apparizione televisiva, qualche improvvisa rissa con gli invadenti giornalisti che lo seguono ovunque), continua a far parlare di sé. Premi in carriera: 1978: Capocannoniere del Campionato Metropolitano. 1979: Capocannoniere del Campionato Metropolitano. 1979: Capocannoniere del Campionato Nazionale. 1979: Campione del Mondo juniores con la nazionale argentina. 1979: "Olimpia de Oro" al Miglior calciatore argentino dell'anno. 1979: Scelto dalla FIFA come Miglior Calciatore dell'anno in Sudamerica. 1979: Ottiene il Pallone d'Oro come Miglior Calciatore del momento. 1980: Capocannoniere del Campionato Metropolitano. 1980: Capocannoniere del Campionato Nazionale. 1980: Scelto dalla FIFA come Miglior Calciatore dell'anno in Sudamerica. 1981: Capocannoniere del Campionato Nazionale. 1981: Riceve il Trofeo Gandulla come Miglior Calciatore dell'anno. 1981: Campione di Argentina con il Boca Juniors. 1983: Vince la Coppa del Re con il Barcellona. 1985: Viene nominato ambasciatore dell'UNICEF. 1986: Campione del Mondo con la nazionale argentina. 1986: Vince il secondo "Olimpia de Oro" al Miglior calciatore argentino dell'anno. 1986: E' dichiarato "Cittadino Illustre" della Città di Buenos Aires. 1986: Ottiene la Scarpa d'Oro consegnata dalla Adidas al miglior calciatore dell'anno. 1986: Ottiene la Penna d'Oro come miglior calciatore in Europa. 1987: Campione d'Italia con il Napoli. 1987: Vince la Coppa Italia con il Napoli. 1988: Capocannoniere della Serie A con il Napoli. 1989: Vince la Coppa UEFA con il Napoli. 1990: Campione d'Italia con il Napoli. 1990: Ottiene il Premio Konex di Brillante per la sua abilità sportiva. 1990: Secondo posto nella Coppa del Mondo. 1990: Nominato Ambasciatore dello Sport dal Presidente dell'Argentina. 1990: Vince la Supercoppa Italiana con il Napoli. 1993: Premiato come Miglior Calciatore Argentino di tutti i tempi. 1993: Vince la Coppa Artemio Franchi con la nazionale argentina. 1995: Ottiene il Pallone d'Oro alla carriera. 1995: Premiato come "Maestro Ispiratore di Sogni" dall'Università di Oxford. 1999: "Olimpia de Platino" al Miglior Calciatore del secolo. 1999: Riceve dalla AFA il premio come miglior sportivo del secolo in Argentina. 1999: Il suo slalom del 1986 contro l'Inghilterra è scelto come miglior gol della storia del calcio. Proverbi Napoletani 'A gatta scippa pure quanno l'accarizze. La gatta graffia anche quando la si accarezza. 'A gatta,quanno nun pò arrivà ò llardo,dice ca fète. La gatta,quando non può raggiungere il lardo, dice che puzza. Chi chiagne fotte a chi ride. Chi piange frega chi ride. Armàmmoce e gghiate. Armiamoci e andate. Attacca 'o ciuccio addò vò 'o patrone. Lega l'asino dove vuole il padrone. 'A vicchiaja, 'e ccàuze rosse. In vecchiaia, le calze rosse. 'A pazzia va 'nfièto. Lo scherzo comincia a puzzare. Và scavà e vide ca truove. Và a scavare e vedi che troverai. Veder far,venir la voglia. Veder fare, venir la voglia. Vàtte 'o fièrro quann'è ccàvero. Batti il ferro quando è caldo. Nun vo' tirà e nun vo' scurtecà. Non vuoi tirare,nè scorticare. Nu' sputà 'ncielo,ca 'nfaccia te torna. Non sputare in cielo,chè ti ricadrà sul volto. 'Nu poco è bella 'a pazzìa. Lo scherzo è bello per un pò. Nun se fa niente pe' ssenza niente. Nulla si fa gratuitamente. Nun chiammà triste,ca peggio te vène. Non lamentarti del male, chè ti verrà peggio. Miètte speranza a rrecchie:campe assaje!. Spera in ciò che odi:vivrai a lungo. L'ausa' e 'o strausa' so' dduje malanne. Timidezza e ardimento sono due mali. Ddio ne libera 'e pezziènte sagliute. Dio ci liberi dai poveri arricchiti. Chi tène sante, va 'Mparaviso. Chi ha santi, va in Paradiso. Rotta cu rrotta, miètte 'a pezza. Rotta con rotta, metti la toppa. 'A gatta,quanno sent'àddore d''o pesce,maccarune nun ne vò cchiù. La gatta,quando sente l'odore del pesce,non vuole più i maccheroni. Femmena curtulella, diavulo, pigliatèlla Donna bassina, divolo, prendila. 'A femmena è 'nu vrasiere ca s'aùsa sul''a sera. La donna è un braciere che si adopera soltanto di sera. Dulore 'e mola, dulore 'e core. Mal di denti, mal di cuore. Se dice 'o peccato, ma no 'o peccatore. Si dice il peccato, non il peccatore. 'A collera è petrosa: va 'ncuòrpo e fa 'e ppertose. La collera è sassosa, entra in corpo e perfora. A' casa d''o puveriello nun manca maje 'a tuzzella. In casa del povero non manca mai il tozzo di pane. 'A raggiona è d''e fesse. La ragione è degli stupidi. 'A vita è 'n'affacciata 'e fenesta. La vita è un affacciarsi alla finestra. Tutto arriva a chi sape aspettà. Tutto arriva a chi sa aspettare. 'O palazzo è àveto e 'a signora è sorda. Il palazzo è alto e la signora è sorda. Sul'à morte nu''nc'è rimedio. Soltanto alla morte non c'è rimedio. Suonno porta suonno. Sonno porta sonno. 'Na bona matenata fa 'na bona jurnata. Una buona mattina fa una buona giornata. 'Ntièmpo 'e tempesta, ogne pertuso è puòrto. In tempo di tempesta, ogni buco è porto. Suonno porta suonno. Sonno porta sonno. Dicette 'o mièdico 'e Nola: "Chest'è 'a ricetta e 'o Signore t''a manna bona!". Disse il medico di Nola: "Questa è la ricetta e il Signore te la mandi buona!". Fattella cu chi è megli''e te e fanc''e spese. Pratica chi è migliore di te e sostiene le spese. Chi troppo s'acala, 'o culo mmòsta. Chi troppo s'inchina, mostra il sedere. Chi vo' mettere 'o pede 'ncopp'a ttutt''e pprète, nun arriva maje. Chi vuol poggiare il piede su tutte le pietre, non arriva mai a destinazione. Chi tène male cerevelle, hadda tènere bone gamme. Chi ha cattivo cervello, deve avere buone gambe. A' casa d''e sunature nun se portano serenate. A casa dei sonatori non si portano serenate. 'O pesce gruosso se magna 'o piccerillo. Il pesce grosso mangia quello piccolo. 'O cane mòzzeca ò stracciato. Il cane morde lo straccione. Cane e cane nun se mòzzecano. Fra cani non ci si morde. Chiuovo nuovo caccia 'o viecchio. Chiodo nuovo scaccia il vecchio. Cumpagno: tu fatiche e i' magno!. Compagno: tu lavori e io mangio!. T'aggia 'mparà e pò t'aggia perdere.... Devo insegnarti (il mestiere) e poi devo perderti.... A che gghiuòco jucammo?!. A quale gioco giochiamo?!. Addò vaje cu 'o ciuccio?!. Dove vai con l'asino?!. Sùsete culillo e sièrvete patrone. Alzati, sederino, e serviti, padrone. 'O sacco vacante allerto nun se mantène. Il sacco vuoto non si regge all'impiedi. 'E cchiacchiere s''e pporta 'o viento; 'e maccarune jèncheno 'a panza. Le chiacchiere se le porta il vento; i maccheroni riempiono la pancia. Quanno 'a zita è mmaretata, tutte 'a vònno. Quando la giovane ha preso marito, tutti la vogliono in sposa. 'O geluso mòre curnuto. Il geloso muore tradito. 'E figlie so' ppiezz''e còre. I figli sono frammenti di cuore. Pure 'a riggina avette bisogno d''a vicina. Anche la regina ebbe bisogno della vicina. Dicette Catone:"Luvamm''a 'ccasione". Disse Catone:"Togliamo l'occasione". Dicette 'o cafone:"Si nun m'avanta eo, m'avanto meo". Disse il campagnolo:"Se nessuno mi esalta, mi esalto da me". "Zompa chi pò!", dicette 'o ranavuòttolo. "Salti chi può!", disse il ranocchio. Dicette Pulicenella:"'Nu maccarone va ciènto vermicielle". Disse Pulcinella:"Un maccherone vale cento vermicelli". 'A forca è fatta p''e puverielle. La forca è per i poveri. 'A morte 'nzerra 'a porta. La morte chiude la porta. Pignata sengata campa cchiù assaje. Pentola incrinata dura più a lungo. Cummannà è meglio 'e fottere Comandare è meglio che andare a donne. Chi cagna 'a via vecchia p''a nova sape chello ca lassa e no chello ca trova. Chi cambia la strada vecchia per la nuova sa ciò che lascia ma non ciò che trova. A chi parla areto, 'o culo 'o risponne. A chi parla alle spalle, risponde il sedere. 'O puòrco se 'ngrassa pe' ne fa' sacicce. Il maiale s'ingrassa per farne salsicce. Pur' 'e pùlice tènono 'a tosse. Anche le pulci hanno la tosse. 'A gallina fa ll'uovo e ò gallo ll'abbruscia 'o culo. La gallina fa l'uovo e al gallo s'infiamma il sedere. 'A buscìa nun tène piede. La bugia non ha piedi. Chi buono vo' accummincia', figlia femmena hadda fà. Chi bene vuol cominciare deve fare una figlia femmina. Dàtte da fà: 'a jurnata è 'nu muòrzo!. Datti da fare: la giornata è un boccone! 'A scopa nova scopa buono sulo tre gghiuòrne. La scopa nuova spazza bene soltanto tre giorni. 'A carna fa carna, 'o vino fa sango e 'a fatica fa jettà 'o sango. La carne dà carne, il vino dà sangue e il lavoro fa morire. 'A casa mia e:"Jèsce fora". La casa è mia e dovrei uscirne. Chi rompe pava e chi scassa acconcia. Chi rompe paga e chi danneggia ripara. Chi va pe' cchistu mare, chisti pisce piglia. Chi va per questo mare, questi pesci prende. 'E cafune 'o Signore 'e lluvaje 'a crianza. Alla gente di campagna il Signore tolse l'educazione. Jastemma senza colpa, addo' jèsce, llà còcca. Bestemmia ingiustificata si corica dov'è uscita. Addò 'nc'è gusto nu' nc'è perdenza. Dove c'è gusto non c'è perdita. Chi vo' 'o mmal''e chesta casa, hadda crepà apprimma ca trase. Chi vuole il male di questa casa, deve crepare prima d'entrarvi. Acqua ca nun scorre fa pantano e fète. Acqua che ristagna si appantana e diviene maleodorante. Chi nasce tunno nun pò murì quatro. Chi nasce rotondo non può morire quadrato. E' asciuto pazzo 'o patrone!.... E' impazzito il padrone!.... L'acqua scarzeggia e 'a papera nun galleggia. L'acqua scarseggia e l'oca non galleggia. Pur''e mmure tènono 'e rrecchie. Anche i muri hanno le orecchie. Tutt''o llassato è perduto. Tutto ciò che si lascia è perso. Dicette 'a vecchia:"Aggio campato nuvantanov'anne, e ne vulesse campà 'n'ato, pe' me 'mparà ancora". Disse la vecchia:"Ho vissuto novantanove anni, e vorrei viverne un altro, per apprendere ancora". "Senza denare nun se cantano messe", disse zi' mòneco à badessa. "Senza denaro non si cantano messe", disse il monaco alla badessa. Amment a bell s'apprepara a brutta s'ammarita. Mentre la bella si prepara la brutta si sposa. Dicette ‘o ciceniello: Pur’ io so pesce. (Pur nella propria semplicità e modestia ci si sente importanti.) A vocca ‘nchiusa nun traseno mosche. (E’ preferibile tacere, piuttosto che dire cretinate.) http://www.conosciamonapoli.it San Gennaro, il Santo Patrono S. Gennaro, fu uno dei primi vescovi di Benevento, luogo campano, dove probabilmente nacque. Fu uno di quei cristiani che, testimoniarono con il sacrificio della vita la fede in Gesù Cristo, subendo nell'anno 305 a Pozzuoli il "martirio", egli fu processato e decapitato presso la Solfatara. La salma fu deposta in territorio napoletano e, precisamente al Marcianum, villaggio rurale di proprietà della gente Marcia, potente a Napoli ed a Pozzuoli, e solo dopo oltre cento anni fu possibile al Vescovo di Napoli, S. Giovanni I, tresferire i resti mortali di S. Gennaro al maggior cimitero cristiano di Napoli alle pendici della collinetta di Capodimonte. Poichè gli antichi cristiani consideravano loro patrono il martire, di cui custodivano le spoglie mortali, S. Gennaro, sin da oltre quindici secoli, viene considerato il patrono della comunità ecclesiale di Napoli e quindi della stessa città. Il cimitero veniva considerato il santuario del martire e finì con assumere la denominazione di Catacomba di San Gennaro, imponente struttura architettonica con affreschi e mosaici ed altre opere storiche e sacre, alla quale si accede dall'ingresso attiguo alla Basilica dell'Incoronata Madre del Buon Consiglio a Capodimonte. Nel 831 le ossa di S. Gennaro vennero trafugate dai Longombardi, capeggiati da Sicone, e trasportate a Benevento. Qui un governatore della città, affinchè le reliquie venissero degnamente custodite, curò che fossero deposte in una chiesta appositamente costruita. Circa trent'anni dopo Guglielmo il Malo, re di Sicilia, dispose che i sacri resti fossero tutti trasferiti a Montevergine. Fu qui appunto che nel 1480, durante l'esecuzione di lavori nella basilica, tra le altre reliquie rinvenute sotto l'altare maggiore e contrassegnate da iscrizioni indicanti i nomi dei santi di appartenenza, fu ritrovata un'urna contenente alcune ossa attribuite, secondo l'iscrizione incisa su una lamella plumbea, a S. Gennaro, detta lamella nel 1971 fu datata al secolo XII. Nel 1497 il Papa del tempo concesse all'Arcivescovo di Napoli, Alessandro Carafa, di riportare nella città partenopea quelle ossa di S. Gennaro, ritrovate a Montevergine. Affinchè le ossa fossero custodite degnamente, il Cardinale Oliviero Carafa, fratello dell'Arcivescovo Alessandro, tra la fine del '400 e l'inizio del '500 curò la realizzazione di una cripta ubicata sotto l'altare maggiore del Duomo di Napoli, in essa è visibile, custodita in un reliquiario, un vaso in terracotta recante un'iscrizione in lingua latina, la quale indica che in esso sono contenute le ossa di S. Gennaro, vescovo di Benevento. Nel 1305 il Re di Napoli Carlo d'Angiò, donò al Duomo di Napoli il prezioso busto reliquiario, artistica opera di orafi provenzali, perchè vi fosse custodito il cranio di S. Gennaro, detto busto viene esposto durante le festività. Il reliquiario composto di finissimi elementi trecenteschi e seicenteschi, su ciò si espone e si porta in processione la teca rotonda nella quale sono incastrate le famose ampolline visibili, nell'ampollina più grande si può vedere la celebre reliquia del sangue di S. Gennaro. Il 17 agosto 1389, sei secoli fa, la reliquia del sangue di S. Gennaro passò dallo stato solido a quello liquido per la prima volta e da allora si parla del prodigioso Miracolo di S. Gennaro. Per la credenza popolare il non avvenuto miracolo preannunzia calamità disastrose. Nella storia troviamo eventi negativi legati al miracolo di S. Gennaro e cioè basti menzionare nel 1631, in coincidenza con una delle più tremende eruzioni del Vesuvio, nel 1647, prima e durante la Rivolta di Masaniello ed ancora nel 1943, allorchè scoppiò a Napoli l'insurrezione popolare della della "Quattro giornate", nel 28 febbraio 1979, mercoledì delle Ceneri, non appena l'Arcivescovo, Cardinale Corrado Ursi, fece esporre, in linea del tutto eccezionale, le reliquie di S. Gennaro, cessarono i casi di virosi respiratoria, molto diffusa tra i bambini che procuro diverse vittime. Preghiera in dialetto napoletano "Dopo che è avvenuto il miracolo" Ringraziamme la SS. Ternità che nce ha date S. Gennare pe padre e prutettore a sta città. Putenzia de S. Gennare, pruteggetece. Sangue de S. Gennare, difedenteci. Clemenza de S. Gennare, cunsulateci. Tu sempe nce hai cunsulate e sempe ncè haie cunzulà. Sempe ncè haie defennere. Sempe ncè haie aiutate e sempe ncè haie aiutà. E in vite e in morte nun nce 'haie abbandunà. S. Gennà, nuie te ringraziamme 'è quante grazie e beneficie ncè haie fatte e quante nce n'haie da fà, Santu belle! Viva viva lu Prutettore, E viva viva S. Gennare, che de Napole è lu Patrone, E viva viva 'o gran Santone. Viva viva Giesù e Maria E viva viva S. Gennare. S. Gennare è gluriuse, S.Gennare è miraculuse E 'o popolo mio fa festa Pe tutta la città. Che bella grazia che nce ha fatte, S. Gennare ringraziamme E lu Pate sia ludate, E lu Figlie e lu Spiritussante E a S. Gennare tante, Che dona tanto. Da Tanne, anzie a chest'ora Chillo Sangue bolle e vive, E viva lu grande Iddio, Che a nuje lo destinò. http://www.conosciamonapoli.it Pulcinella Pulcinella é fra le maschere più popolari e simpatiche ed è il simbolo di Napoli e del suo popolo. La sua origine è lontana ed incerta come pure l’origine stessa del nome che per alcuni deriva da Pulcinello (piccolo pulcino a causa del naso adunco) e per altri per un villano di Acerra, tal “Puccio d’Aniello”, il quale dopo aver canzonato una compagnia di girovaghi, si uni a loro in qualita’ di buffone. Pulcinella impersona lo spirito genuino, fatto di arguzia di spontaneità e di generosità. Appare sulle scene nelle vesti di un servo furbo e poltrone, sempre affamato e alla ricerca di qualcosa da mettere sotto ai denti. Pulcinella si adatta a fare di tutto oltre al servo; eccolo di volta in volta, fornaio, oste, contadino, mercante, ladruncolo e ciarlatano, che ritto su uno sgabello di legno, in uno spiazzo fra i vicoli di Napoli, cerca di smerciare i suoi intrugli "miracolosi" a quanti gli stanno attorno a naso ritto, richiamati dalla sua voce chioccia e dai suoi larghi gesti delle braccia. Credulone, litigioso, arguto, un po' goffo nel camminare, Pulcinella é in continuo movimento, sempre pronto a tramare qualche imbroglio o a fare dispetti. Ha anche un carattere mattacchione e, quando qualcosa gli va per il verso giusto, esplode in una danza fatta di vivaci e rapidi saltelli, di sberleffi e di smorfie gustosissime a vedersi. Una cosa però che non riesce mai ad imparare é a starsene zitto quando dovrebbe e proprio per questo é rimasta famosa l'espressione "é un segreto di Pulcinella" per dire di qualcosa che tutti sanno. Ma anche questo fa parte del carattere napoletano di Pulcinella: combattere, con spirito allegro e generoso, contro tutte le avversità e le durezze che si presentano nella vita di tutti i giorni. http://www.ilpaesedeibambinichesorridono.it Il limoncello L’origine della coltivazione del limone nella costiera amalfitana è ancora oggi molto dubbia. Recenti ritrovamenti nella zona degli scavi di Pompei fanno pensare che già in epoca romana la coltivazione fosse conosciuta nella costiera. Il liquore di limone sfusato amalfitano racchiude in sé la sintesi di elementi naturali ed umani esclusivi e che rendono unica la sua tipicità. Presenta un profumo intenso, una polpa succosa e dolce con una quasi assenza di semi che rendono il limone di Amalfi adatto al condimento. Altra caratteristica tipica è quella di essere raccolti con una piccola porzione di ramo che consente la differenza sul mercato. Utilizzazione e valore alimentare Notevole è il contributo che il limone sfusato di Amalfi fornisce al turismo della costiera, attraverso la qualificazione del paesaggio ed il consumo di tutte quelle preparazioni alimentari a base di limone. Il legame della limonicultura con il settore turistico, quello delle industrie dolciarie, di essenze e profumi è di fondamentale importanza economica. Lo sfusato amalfitano si presta sempre più ad utilizzi alternativi quali la base per il limoncello, che si sta affermando sempre più sui mercati come bevanda alcolica, o in pasticceria, caratterizzando sempre più i dolci tipici della costiera. Indiscusso il valore alimentare grazie all’alto contenuto proteico e vitaminico tra cui spicca la nota vitamina C. Ecologia e coltivazione La superficie dedicata alla coltivazione del limone di Amalfi è di circa 700 ha e la maggior parte di queste coltivazioni sono impiantate su piccole estensioni di terreno chiamate piazze, sostenute da grossi muri di pietrame a secco a cui si accede attraverso ripide scalinate rendendo esclusivo e tipico il paesaggio costiero, caratterizzandolo con i noti terrazzamenti. Adeguate opere di canalizzazione ed irrigazione consentono la durata dell’opera, la sua manutenzione e la continua coltivazione. La permeabilità, la sofficità e la freschezza tipiche del periodo estivo, la fertilità del terreno, ricco di humus ed elementi nutritivi, favoriscono notevolmente la coltivazione del limone in zona. Dai limoni della costiera amlfitana e sorrentina si ottiene un’ottimo liquore detto "Limoncello", preparato con acqua, alcool, zucchero e bucce dei frutti. Il colore varia dal giallo al verde pallido, in funzione del grado di maturazione dei limoni e dell’epoca di raccolta. In Costiera c’è sempre stata l’abitudine di produrre in casa liquori a base di limoni ma da qualche anno, grazie ad un andamento della domanda sempre più favorevole, la produzione ha assunto uno spiccato carattere commerciale, dando luogo in zona a numerevoli aziende anche se di piccole dimensioni. DOSI 1 litro di alcool puro; 1 litro di acqua; 500 gr. di zucchero; 10 limoni verdi (di misura media); Preparazione Lavare bene i limoni e asciugarli; affettare sottilmente le bucce (senza il bianco) e metterle a macerare nell'alcool per circa 10 giorni in una bottiglia con apertura larga e chiusa ermeticamente. Mettere la bottiglia in un luogo fresco e al riparo dal sole; ogni giorno agitare la bottiglia. Passati i 10 giorni, preparare uno sciroppo con 1 litro di acqua tiepida e lo zucchero (come da dosi), farlo raffreddare completamente. Togliere le bucce di limone dall'alcool, filtrare sia lo sciroppo che l'alcool; in seguito mescolare insieme i due liquidi, versarli nelle bottiglie e tapparle bene. Aspettare almeno 1 mese prima di consumarlo. http://www.agendaonline.it La Mozzarella di Bufala La sua storia, la lavorazione e le ricette più indicate per gustarsela al meglio... Totò Nell'elenco storico della nobiltà italiana,pubblicato dal Sovrano Militare Ordine di malta, si legge: Focas Angelo Flavio Ducas Comneno de Curtis di Bisanzio Gagliardi Antonio Giuseppe di Luigi Napoli, Principe Conte Palatino, Cavaliere del Sacro Romano Impero, Nobile Altezza Imperiale. Dietro questa siepe di nomi si nasconde Totò, nato Antonio Clemente, di madre nubile. Venne al mondo il 15.2.1898, alle ore 7.30, in una Casa al 109 di Via S. Maria Antesaecula, Napoli. Raccontava egli stesso: "Sono nato in rione Sanità, il più famoso di Napoli. Quel rione ha nome, in verità, Stella, e sta intorno alla Stazione, ma per le buone arie lo chiamano tutti Sanità. la domenica pomeriggio le famiglie napoletane usavano riunirsi nelle case dell'una o dell'altra, e là chi suonava la chitarra, chi diceva la poesia, e chi cantava. Erano riunioni per bene, niente pomiciamenti. I giovanotti guardavano le ragazze, gli tenevano la mano, siinnammoravano. Niente schifezze. E così si passava il tempo divagandosi. Io facevo scenette comiche, per gioco. Fu così che cominciai. Finchè mi presi la cotta per la sciantosa e mi buttai." Totò fanciullo Aveva 16 anni quando si buttò, esibendosi nell'imitazione del celebre fantasista Gustavo De Marco. Dalle riunioni di famiglia passò ai teatri, diventando un personaggio con lavoro stabile e redditizio. Prima c'erano stati interminabili anni di povertà, con la mamma che andava a servizio per mantenerlo. "Io so a memoria la miseria", diceva Totò, "...non si può essere un vero attore comico senza aver fatto la guerra con la vita". In guerra con la vita Totò fu sempre. Nato senza padre, se lo prese con la forza. Era figlio di un incontro tra sua madre Anna e il marchesino Giuseppe de Curtis, rampolo poverissimo d'una famiglia di grandi tradizioni. Nel 1922, Totò andò a trovare il padre e gli disse:"Voi sposate la mamma, mi date il nome che mi spetta e io vi mantengo per tutta la vita". Così Antonio Clemente divenne Antonio de Curtis e in seguito, quasi a vole rafforzare la sua condizione nobiliare, diventerà anche Gagliardi, dal nome di un principe che lo adotterà. Totò aveva messo uno sbarramento di nomi e di titoli fra sè e la miseria. Problemi economici non ne aveva più, la sua figura disossata, dai movimenti difficili e innaturali era famosa su tutti i palcoscenici. Aveva trasformato il suo volto, sfigurato, nel naso, da un pugno preso da ragazzo, in una maschera unica, dalla mascellasvitata come un pupazzo e gli occhi roteanti. Lontano dalle scene quegli occhi avevano lampi e languori affascinanti. Non poteva stare senza donne. Diceva: "Le amo troppo. Sarà perchè sono meridionale, sarà perchè odio gli uomini: ma le donne, secondo me, sono le cose più belle che ha inventato il Signore. Liliana Castagnola Nel 1929 si innammorò di lui Liliana Castagnola, una vedette del varietà, per la quale fior di nobiluomini s'erano battuti a duello. Statuaria, raffinata, la "Femme fatale", che aveva gli uomini ai suoi piedi, voleva solo Totò. "Un tuo bacio è tutto" gli scriveva. Si conobbero in dicembre; in febbraio, per Totò, la cosa era finita. Liliana (35 anni) reagì con l'intransigenza di una ragazzina: tutto o niente. E diede a Totò un addio definitivo: si uccise, il 4 marzo 1930. Forse quel giorno morì dentro anche Antonio de Curtis, e sopravvisse solo una "maschera" plasmata su Pulcinella e "Pazzariello". Liliana non uscì mai dai suoi pensieri. Egli si legò, nel '31, con Diana Baldini Rogliani, giovane di buona famiglia, che sposerà nel '35, due anni dopo averne avuto una figlia, battezzata Liliana. Diana Rogliani Quando già era veramente ricco, Totò si preparò al Pianto, il cimitero sulle alture di Napoli, una cappella di famiglia e volle che la castagnola vi riposasse per l'eternità. Nel 1937 ilmatrimonio era già in crisi, per le troppe scappatelle dell'attore che era, nel frattempo, arrivato al cinema e non sapeva più da che parte girare gli occhi, circondato com'era da attrici e attricette bellissime. Il suo primo film si chiamava "Fermo con le mani". In quello stesso 1937 una bambina israelita compiva sei anni (era nata il 1° febbraio 1931), si chiamava Franca Faldini. Sullo schermo era circondato sempre da belle donne che corteggiava, mise gli occhi addosso, e non solo per esigenze di lavoro a Silvana Pampanini, pensando che fosse la donna giusta per sè. La corteggiò con discrezione e insistenza. ma la pampanini aveva 27 anni meno dilui. "principe sono onorata", fu infine la risposta: "Ma io sento di volervi bene come a un padre". Silvana Pampanini Totò ne soffrì moltissimo e si vendicò con grande stile, dedicando alla "maggiorata fisica" una celebre canzone, Malafemmina, che diceva: "femmena, tu sì 'cchiu bella femmena, te voglio bene e t'odio, nun te pozzo scordà". E invece la scordò quell'anno stesso: gli capitò sott'occhio la copertina di un settimanale e rimase senza fiato. C'era la foto di una deliziosa stellina. Lunghi capelli neri, occhi verdi e pelle dorata: era Franca Faldini, corteggiata dai produttori americani per la bellezza esotica. Aveva quasi l'età di sua figlia, ma Totò perse la testa per la fresca esuberanza di quella ragazza e ancor più fu preso quando la conobbe di persona, nel febbraio 1952. Per poterla incontrare si era fatto annunciare da fasci di fiori. la stessa Faldini racconterà più tardi che li accolse "come una variopinta seccatura. Non lo conoscevo di persona e le intrusioni degli estranei, anche se cortesi e profumate, mi infastidivano". Franca Faldini Abituata al mondo falso del cinema, la stellina scoprì al primo incontro che Totò era un uomo vero. Non lo amò subito, ma l'affetto maturò lento e sicuro, nella tenerezza di lunghi dialoghi. Lei non aveva solo la pelle fresca dei vent'anni ma anche una testa pensante e un caratterino pepato, tanto che lui la chiamava "Ravachol", dal nome di un anarchico francese, per il suo spirito di contraddizione e polemico. Un giorno le disse: "eppure vorrei vivere con te sera e mattina, e ogni ora della notte e del giorno". E lei non disse nè si nè no, ma non si lasciarono più. Il 12 ottobre 1954 nacque Massenzio, desideratissimo figlio maschio. Fu una felicità di poche ore: il bambino morì nello stesso giorno. Quella tragedia li unì ancora di più e la loro relazione si dipanò solida, giorno dopo giorno, anno dopo anno: un'unione che fu a volte un paradiso, spesso un inferno, mai un limbo senza emozioni. Nel cinema Totò lavorava al ritmo di cinque, sei fil all'anno, ma nella primavera del 1957 un'emorragia gli accecò l'occhio destro, costringendolo al buio per mesi interi perchè l'occhio sinistro era già cieco da quasi vent'anni. Riassorbita l'emorragia, la vista non gli tornò mai del tutto a posto. "Bè, sempre meglio che niente è", disse a Franca, "Mi dispiace solo che mi manca il colore dei tuoi occhi, perchè quel che intravedo è come dietro un vetro appannato". In quell'anno arrivò a un passo dalla rovina a causa delle cure costosissime: con Totò inattivo, il principe de Curtis si riduceva a un nobiluomo spiantato. Le cose si rimisero a posto quando Totò tornò in servizio, al ritmo dei tempi migliori. Ma ora l'attore appariva sfiduciato, gli sembravadi buttarsi via in film scadenti. I grandi registi lo snobbavano. Prima di Pasolini"Uccellacci e uccellini", solo Monicelli e Bolognini lo avevano fatto lavorare con loro. Ma l'incontro con Pasolini giunse tardi, nel 1966, appena in tempo per fargli ottenere quei pubblici riconoscimenti artistici ai quali Totò teneva. Totò fu attore di straordinaria forza e umanità, il più grande dello spettacolo italiano. Molto prima dei critici, milioni di persone, divertendosi con le sue smorfie, avevano visto giusto. Totò fu stroncato da attacco di cuore, all'alba del 15 aprile 1967. le sue ultime parole furono: "Portatemi a Napoli". E poi rivolto alla Franca: "Sono stato bene assai con te". Riposa sulle colline di Napoli, accanto a Massenzio e all'unico rimorso della sua vita: Liliana Castagnola. Le frasi celebri e le battute più famose (contenuti audio/video) Gioca con i puzzle di Totò! http://www.conosciamonapoli.it Eduardo De Filippo De Filippo, famiglia di attori e autori italiani del teatro dialettale napoletano e in lingua, di cui fanno parte tre fratelli: Annunziata, detta Titina (Napoli 1898 - Roma 1963); Eduardo (Napoli 1900 - Roma 1984); Peppino (Napoli 1903 - Roma 1980). Figli d'arte, esordirono nella compagnia teatrale diretta da Eduardo SCARPETTA. Si separarono per entrare a far parte di varie compagnie di riviste e si ritrovarono insieme nel 1929 nella compagnia Molinari. Peppino scrisse più di 40 Commedie tra le quali, Quelle Giornate, (1946) e Pranziamo Insieme, (1951); Eduardo si volse verso temi di profondo significato umano, ambientando le sue storie nella Napoli del dopoguerra: Napoli Milionaria, (1945), La Grande Paura, (1948) e Gli Esami Non Finiscono Mai, (1973). Eduardo: Nonostante la sua intensa attività cinematografica, non di rado Eduardo accennava ad una forma di disprezzo, appunto, per la "minestra riscaldata", amava il cinema soltanto quando si trovava ad essere regista di se stesso, salvo qualche eccezzione, era molto critico nei confronti di altri che dirigevano versioni filmiche delle sue commedie. Come cineasta fu un grande neorealista, prendendo parte a ben cinquanta film, o come attore o come regista o come sceneggiatore o addirittura contemporaneamente, in duplice o triplice veste. Per il cinema Eduardo provava una sorta di odio - amore: odio perchè mai trovò soddisfacenti le riduzioni filmiche delle proprie commedie; amore perchè avrebbe voluto che tutte fosero cinematografate, per tramandarle ai posteri nelle sue irripetibili interpretazioni, finchè trovò nella televisione un mezzo più congeniale a fissarle nel tempo per una preziosa testimonianza d'arte. Nonostante la considerazione minore, l'attività cinematografica di Eduardo non fu certo trascurabile, numerose le sue interpretazioni in una quarantina di film, una ventina le sue partecipazioni a sceneggiature, tredici film autenticati come regista. Ovviamente i più convincenti film di Eduardo regista furono quelli desunti dalle sue commedie, tutte da lui stesso firmate, ecceto Questi Fantasmi, (1967, regia di Renato Castellani), eccetto pure il rifacimento di Filumena Marturano, con il titolo "Matrimonio all'italiana", (1964, regia di Vittorio De Sica, con Sophia Loren e Marcello Mastroianni), entrambi le regie apparvero discutibili ad Eduardo. Il miglior Eduardo regista fu quello prettamente neorealista, di "Napoli Milionaria" e di "Napoletani a Milano", film che riecheggiavano i tempi della guerra e della miseria nel dopoguerra. Nel periodo che va dal 1948 al 1954 Eduardo si buttò anima e corpo nel cinema, interpretando quasi venti film. Primo film di quella intensa stagione fu Assunta Spina, (1948), dal dramma di Salvatore Di Giacomo, protagonista Anna Magnani che, avrebbe voluto impersonare anche "Filumena Marturano", ma Eduardo quando fu il momento di decidere non se la sentì di dare un grosso dispiacere alla sorella, sebbene intuisse che con Nannarella il film avrebbe avuto ben altro rilievo internazionale. Per Napoli Milionaria, avrebbe voluto girare all'ombra del Vesuvio, ma trasferire da Cinecittà una troupe sarebbe stata una costosa operazione. Il produttore De Laurentis fece venire da Napoli una decina di famiglie per ricreare meglio l'atmosfera partenopea in un vicolo ricostruito in studio. Il film riuscì molto bene anche per la presenza di Totò. I due attori napoletani si ritrovarono insieme, ma in due epidodi diversi, in L'Oro di Napoli, dai racconti di Marotta (1954), regia di Vittorio De Sica. Memorabile l'interpretazione che Eduardo fece del "professore venditore di saggezza" e maestro, fra l'altro, di sonori sberleffi. Oltre a Napoli Milionaria, tra i film da lui diretti, Eduardo rammentava volentieri la prima versione cinematografica di Questi Fantasmi, (1954), di cui fu protagonista Rascel, mentre criticava la seconda versione, dopo tredici anni, di Castellani con Gassman e la Loren. Comunque i migliori risultati cinematografici Eduardo regista di se stesso li raggiunse con la sua opera più sentita, già scritta su misura per la sorella Titina; Filumena Marturano, (1951). De Pretore Vincenzo, poemetto scritto da Eduardo nel 1948, aveva ispirato Giuseppe Marotta e Peppino Amato per la sceneggiatura del film Un Ladro in Paradiso, (1952), protagonista Nino Taranto. Poi, nel 1963, assieme a Isabella Quarantotto, (sua futura moglie), Eduardo scrisse il soggetto di Adelina, che protagonista la Loren, fu uno degli episodi di "Ieri, oggi, domani". Tre anni dopo, sulla scia del successo della pellicola precedente, venne realizzato "Oggi, domani e dopodomani", con l'episodio eduardiano intitolato L'Ora di Punta, protagonisti Virna Lisi e Luciano Salce. L'ultimo film diretto e interpretato fu Spara forte, più forte... non capisco, (1966), tratto da "Le voci di dentro", infine l'ultima interpretazione cinematografica fu quella del Cuore di Comencini (1984), fu commovente nelle vesti del vecchio maestro deamicisiano. Nella sua intensa e brillante carriera, non mancarono rimpianti per la sua attività cinematografica, ossia; non aver girato alcuna scena con Totò; non aver avuto Anna Magnani come protagonista di almeno uno dei due film tratti da Filumena Marturano; di non aver scritto un soggetto originale per Alberto Sordi; non aver potuto realizzare le versioni cinematografiche di "Natale in casa Cupiello"; "Del Sindaco del Rione Sanità" e de "Gli esami non finiscono mai"; infine di non aver lavorato con Pier Paolo Pasolini. http://www.conosciamonapoli.it Massimo Troisi Attore napoletano, (San Giorgio a Cremano, Napoli 1953 - Ostia 1994), l'ultimo dei commedianti più rappresentativi del cinema napoletano. Simpaticone nella vita così come sullo schermo, Troisi otteneva sempre tanto successo, anche a Nord, sebbene preferisse le espressioni dialettali partenopee, sempre apprezzato anche dalla critica, con poche riserve. Il suo umorismo era basato soprattutto sulla semplicità, sulle piccole cose della vita piccolo borghese di ogni giorno, con frasi spesso smozzicate, ricche di puntini sospensivi. Il fenomeno TRoisi, di un cinema napoletano originale che diventa nazional-popolare, un fenomeno esploso nel 1981 con Ricomincio da tre, storia di uno svagato giovanotto partenopeo che parte da Napoli senza una lira e che ognora si ritrova a dover cominciare tutto daccapo. Quando la copia del film fu pronta si era convinti che avrebbe incassato poco, Troisi avrebbe voluto farlo uscire nel periodo d'oro natalizio, nell'80, ma gli esercenti, data la modesta popolarita dell'attore, noto soltanto come componente del complesso cabarettistico della Smorfia e dato lo scarso richiamo del cast, ne rimandarono la programmazione per quasi tre mesi, convinti che la pellicola avrebbe fatto fiasco. Invece il film ottenne in tutta Italia un successo sorprendente, con un incasso sbalorditivo, Troisi ottenne anche vari riconoscimenti, quasi tutti quelli nazionali disponibili. Nella sua seconda pellicola Scusate il ritardo, ritardo perchè realizzato quasi tre anni dopo il primo film, Troisi agiva nella Napoli del dopo terremoto, nei panni di un disoccupato che vive a carico della famiglia e soprattutto del fratello maggiore. Ai quotidiani problemi aggiungeva anche quelli dell'amico Lello Arena, abbandonato dalla ragazza per incompatibilità di carattere. Memorabile il duetto con il parroco, sulla statua della Madonna che piange: "Bisognava che ridesse, così non c'era il dubbio di un fenomeno naturale, sarebbe stato davvero un miracolo". Poi con Roberto Benigni, ecco nel 1984 un autentico campione d'incasso, Non ci resta che piangere, folle scorribanda tra due pazzerelloni i quali si trovano scaraventati dai giorni nostri all'anno della scoperta dell'America e, siccome la sorella di Benigni era innammorata di un americano, i due pensano di impedire la scoperta dell'America. Dopo questo clamoroso successo continuò l'ascesa di Troisi, continuando ad essere se stesso, senza fingere e senza atteggiarsi a grande attore, questo fu il segreto del suo successo. Nel quarto film che si avvalse della sua regia, Le vie del Signore sono finite, 1987, Massimo impersonava un paralitico psicosomatico, pronto ad alzarsi e a risedersi sulla carrozzella a secondo dei colpi di scena della vita. Il quinto film,Pensavo fosse amore, invece era un calesse, 1991, è basato sul tema dell'amore, lui e lei si amano, un amore impossibile, si lasciano, si amano, si lasciano ancora. Un uomo e una donna sono troppo diversi per sposarsi ed essere felici ... questa l'amara morale che suggella il film. Breve ma intensa fu la sua vita, in quindici anni aveva realizzato 5 film come autore-regista-protagonista, mentre come attore ne aveva interpretati 6, di cui 3 diretti da Ettore Scola:Il viaggio di Capitan Fracassa, Splendor, Che ora è. Gli altri tre Hotel Colonial, No, grazie, il caffè mi rende nervoso ed infine Il postino. Nel Settembre 1989, vince in coppia con Mastroianni, il premio per il miglior attore ottenuto al festival di Venezia, per il film "Che ora è", film che descrive una giornata faccia a faccia tra un padre agiato e un figlio scontroso, il quale sta completando il servizio militare a Civitavecchia. I due non hanno mai comunicato, tentano di aprirsi l'un l'altro, ma non ci riescono. Il film è pervaso da una triste venatura di tristezza, così come il "Postino", il cui ultimo ciak era stato dato appena 24 ore prima che Massimo, colpito da infarto ad appena 41 anni ci lasciasse per sempre. E dire che la vicenda del postino si chiude proprio con la morte del protagonista. Liberamente tratto dal romanzo "Il postino di Neruda" di Antonio Skarmeta, l'ultimo film di Troisi si svolge su una isola italiana del Mediterraneo, dove il protagonista Mario, incontra Pablo Neruda in esilio nel 1952. Mario è il suo postino personale in quanto il poeta è l'unico a ricevere posta in quell'isola, a poco a poco, Mario diventa amico di Neruda che gli insegna ad amare la poesia e gli parla dell'altra sua passione il comunismo. Neruda lascia l'isola e Mario resta solo, sempre in attesa di notizie dal poeta che sembra essersi dimenticato di lui. Comunque come ultimo omaggio a Neruda, registra al magnetofono le voci e i suoni dell'isola e compone una poesia in suo onore. Cinque anni dopo il poeta torna nell'isola ma non trova più l'amico postino, era morto durante una manifestazione politica. http://www.conosciamonapoli.it Sofia Loren Sofia Loren, nome d'arte di Sofia Scicolone, (Roma 1934); attrice cinematografica italiana, della quale nessuno avrebbe pronosticato la conquista di ben due Oscar, lo conquistò la prima volta quale protagonista de La Ciociara, per merito del regista Vittorio De Sica ed anche del soggetto tratto dal romanzo di Alberto Moravia. Nel 1950 una bellissima sconosciuta napoletana, anzi puteolana, venne bocciata alla passerella finale del concorso "Miss Italia" a Salsomaggiore, per consolarla, crearono apposta per lei il titolo di "Miss Eleganza", che è rimasto poi nel proseguo delle edizioni. Era di famiglia povera, anzi poverissima, vestiva di straccetti da bambina, sempre spettinata e magrissima, tanto da essere chiamata "stuzzicadenti" dagli amichetti puteolani. Ma poi superata l'adolescenza, sembrò molto più appariscente. Nel 1949, partecipò al concorso di bellezza dal titolo "Regina del Mare", a Napoli. Le selezioni di quel concorso di bellezza si svolsero al Circolo della Stampa di Napoli, ma fu la questione dell'età a provocare un piccolo incidente. Esaminati i documenti, un membro della giuria disse che la Scicolone non poteva partecipare al concorso in quanto minorenne, così Sofia eliminata si ritirò in un angolo tra le lacrime, partì allora in quarta la madre e tanto fece che riuscì a convincere i giudici ad includere la figlia tra le candidate al titolo. Non lo vinse, ma si piazzò bene, fu eletta "Principessa". Da allora la signora Romilda Villani ebbe un unico scopo nella vita, far raggiungere alla figlia ad ogni costo il successo da lei invano sognato. Letto un annuncio, portò la figlia in un centro cinematografico, in via Chiatamone, dove oggi è la sede del Mattino, e da questo centro la futura Loren apprese i primi insegnamenti di recitazione. Nonostante tutto, la madre non convita dell'utilità di quelle lezioni, non esitò a trasferirsi a Roma, dove non fu difficile entrare nel mondo dei fotoromanzi, per il quale adottò il cognome d'arte "Lazzaro", prima di ribattezzarsi Loren. A Roma, presso gli studi di Cinecittà, si girava il colosso Quo Vadis ?, e le aspiranti comparse, a centinaia, facevano ressa ai cancelli della produzione. Sofia entrò di prepotenza e spinta dalla madre riuscì ad ottenere la parte della schiava. La celebrità e la ricchezza vennero poi, decisivo per la carriera fu l'incontro con Carlo Ponti, ma decisiva fu soprattutto la madre, che la spinse a darsi al cinema e che le vietò di innamorarsi di giovani simpatici o con attori e cantanti che non la potevano lanciare. E così per merito della madre, oltre per la bravura, la Loren divenne interprete de "la pizzaiola" nel film L'Oro di Napoli, e della Ciociara, che le valse l'Osrar. L'anno 1955, fu l'inizio di grandi film per l'attrice, infatti lo scrittore regista Mario Soldati, la prescelse per La donna sul fiume, Blasetti per La fortuna di essere donna e Peccato che sia una canaglia, Dino Risi per Il segno di Venere, poi venne la grande occasione internazionale Il ragazzo sul delfino. Si spalancavano ormai per la Loren le dorate porte hollywoodiane, Carlo Ponti in breve riuscì ad affiancarla a celebri divi americani: Clark Gable, Cary Grant, Frank Sinatra, Antony Perkins, Richard Burton. Trasferitasi a Hollywood dal 1957 al 1959 vi girò alcuni film di grande successo internazionale a fiano di famosi attori. Nell'intensa carriera cinematografica di Sophia, un sogno aveva nel cassetto rimasto irrealizzato, recitare al fianco di Eduardo de Filippo, ne aveva un altro che invece si realizzò, recitare al fianco di Marcello Mastroianni e assieme a Marcello ha girato ben dieci volte, Una giornata particolare, sabato, domenica, lunedì, Prèt à porter, è stato un sodalizio artistico sfavillante. Il secondo Oscar, quello alla carriera, Sophia lo ha vinto, cinquantasettenne, in piena maturità artistica e nel 1994 l'Orso d'oro a Berlino sempre alla carriera. http://www.conosciamonapoli.it Musica Napoletana Nino D'Angelo Gigi D'Alessio Mario Merola Moviesport.it Esedratorino.com Esedra