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    Improvvisamente, l'estate scorsa  (4617 Click)
    L’esperienza sul finire dell’estate 2008, quando, durante un’escursione in montagna la vista....
    06/04/2009
    pa.ce.2006
    Futuro
     

     

    Improvvisamente,

     l’estate scorsa

     

      

    Il racconto drammatico di chi si ritrova quasi cieco da un’ora all’altra

     

      


    Premessa

     

    Ho scritto queste righe per me  e per quelli che per pudore, timidezza, impossibilità, avrebbero voluto scriverle, ma non l’hanno fatto.

    Provare a parlare delle proprie difficoltà aiuta a superarle, ci permette di dare ordine all’irrazionale, apre il confronto. E’ una forma di terapia anzi di autoterapia, non costa molto e può aiutare in quei momenti in cui si è più fragili.

     

     

    Capitolo I

     

    C’è un luogo a Milano vicino al Duomo che si chiama “Dialogo al buio”. In quel luogo completamente oscurato, tu vedente puoi muoverti in normali ambienti di vita (casa, strada, mercato,ecc.) completamente al buio. Ti accompagna un cieco e ti risolve un sacco di problemi.

    Sono amico di molti ciechi e con altri amici racconigesi e non, una volta l’anno ci prestiamo a fare  da guida per un raid ciclistico in tandem. In qualche modo mi sembra di conoscere, con le giuste distanze, il mondo del buio, dei ciechi.

    Poi mi capita all’improvviso un guaio: da un occhio non vedo più, dall’altro poco, ti tolgono anche gli occhiali…ecco il buio che non finisce all’uscita del padiglione..

     Il mio amico Ciano è preoccupato, dalla montagna bisogna scendere, i telefonini non hanno segnale, l’occhio è un organo straordinario, ma per noi incomprensibile…in quelle situazioni rompersi un braccio tranquillizza.

    Ospedale, Pronto Soccorso, reparto, letto, immobilità.

    Speranza. Delusione. Pensieri.

    Il tuo mondo si chiude, si rimpicciolisce. I ritmi cambiano totalmente, gli odori anche, i gusti ancora di più.

     I pensieri si deformano. Questo non vedere, mi fa pensare agli amici ciechi a Carlo, Piera, Angelo o Cinzia che partirà da qui a poco per le paraolimpiadi. 

    Mi faccio forza,  da un occhio, con gli occhiali, ci vedo qualcosa…non è poco.

    Certo mi piacerebbe leggere, ma non posso, sento la radio, Osvaldo mi presta un ipod e più o meno ha i miei gusti musicali, gli amici mi telefonano e mi vengono a trovare.

    La domenica successiva dalle 17 in poi si susseguono i ritorni dalla montagna con visita a Livio in ospedale;  tu sei contento, ma nella notte pensi: potrò tornare con loro sulle montagne?

    Altri pensieri: prima le ferie poi questo guaio, manco da più di un mese dal lavoro, chissà i colleghi cosa penseranno?

    Dopo le ferie con i Marchisio non ci siamo più visti, abbiamo condiviso tanto e non riusciamo a parlarne? Chissà quando risalirò in bicicletta?…e il piccolo David che vive  nel mio cortile e che non mi vede arrivare cosa dirà?…pensieri

    L’ospedale  per il paziente è un luogo dove il tempo normale non esiste, il ritmo è scandito dalla routine organizzativa: terapia, pulizia stanza, colazione, visita medica, ecc., io non avevo dolore fisico e cercavo di riempire i buchi con un’altra routine: radio, ipod di Osvaldo, pulizia personale, dormiveglia, visite di amici…

    Il tempo che sempre ci sfugge all’improvviso mi sembrava troppo, in tutti i sensi.

    Anna alla sera e nel week end è una presenza costante, mi tiene collegato al mondo reale, si prende cura di me. Ci concediamo qualche sfizio alimentare, sembra banale, ma una buona insalata russa e una doccia regalano buon umore..

    Poi le operazioni, una non basta…accidenti. Ti affidi a qualcuno che non conosci, ad una professione: oculista chirurgo. Faranno il miracolo?

    Ti senti veramente piccolo, incapace, come un bambino in mano ad un adulto anche se tu hai 45 anni e l’adulto è più giovane di te.

    In ospedale e un po’ cieco, noti sfumature che normalmente ti sfuggono: toni delle voci, l’attenzione che gli altri ti prestano, il modo con il quale le persone si approcciano al tuo essere, l’ambiente fisico che ti circonda (il tavolo, la sedia, la luce…), ecc.

    Infermieri e medici con la loro storia, con le loro comunissime “paturnie” quotidiane, con i problemi di tutti fuori dall’ospedale. Un microcosmo di cose e persone.

    Ad un certo punto ricomincio a vedere un pò di luce, intravedo la mia mano, i colori sono belli…davvero.

    Sì sono proprio bravi quelli che mi hanno operato, quelli che mi hanno assistito, quelli che mi sono stati vicino, di colpo ti senti rinascere, vorresti uscire subito dall’ospedale, riprenderti quel pezzo di vita che hai parcheggiato nel reparto, ricominciare a lavorare, leggere, uscire dai pensieri bui e riprendere a creare pensieri colorati, vuoi ritornare normale.

    Qualcuno dice ok, ma con calma, ha ragione, ma la luce è veramente bella.

     

    P.S. Grazie a tutti soprattutto perché mi avete sopportato.

     

       

    Livio Tesio è Dirigente del Consorzio “Monviso Solidale”. Racconta in questo testo l’esperienza avvenuta sul finire dell’estate 2008, quando, durante un’escursione in montagna la vista gli si è appannata prima e poi quasi del tutto scomparsa.

     

     

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