Il tema è il ragazzo che vendeva merendine all’Istituto Pininfarina di Moncalieri. Prima sospeso. Poi, nell’ordine, osannato, multato, inserito in un percorso imprenditoriale. E ancora premiato e poi punito. E chissà che altro ancora salterà fuori in questa storia. Che adesso riserva un’altra giravolta. Al centro c’è la multa da 5179 euro che i vigili urbani hanno notificato al padre del ragazzo perché il figlio aveva violato le leggi sul commercio. «Siamo una famiglia modesta come faremo a pagare. Cinquemila euro per gente come noi sono una fortuna» si sfogava quell’uomo un mese fa. «Può presentare ricorso» scriveva - in estrema sintesi - qualche giorno dopo che la storia della sanzione era finita sui giornali il comandante della polizia municipale di Moncalieri. Ora però la faccenda si fa interessante. Perché quella multa non doveva essere contestata al genitore. Lo dicono - attraverso un ricorso - gli avvocati Nicastro e Tinti che parlano apertamente di «profili di illegittimità» per quella sanzione. E i motivi sono due. Ecco il primo.

Un minorenne non può essere sanzionato per quel tipo di irregolarità. E allora chi paga? Il papà? Non in questo caso. Perchè il fatto è accaduto - come certificato dal verbale della polizia municipale - all’interno dell’istituto Pininfarina. E chi ha l’obbligo di vigilanza a scuola? «Non certo il padre» sostengono gli avvocati. Per esclusione deve pagarla chi non ha - scusate la ripetizione - «vigilato» a scuola. La caccia al nome sarà il compito - ingrato - di chi dovrà pronunciarsi su questa faccenda. Insomma: qui rischiano di andarci di mezzo i vertici dell’Istituto tecnico. Perché, se uno vende per due anni merendine nei corridoi è difficile - non impossibile eh - che bidelli, insegnanti e direzione, o almeno uno di loro, non si sia accorto di nulla. Insomma: in ballo c’è quella frase che fa sempre un po’ rabbrividire: «l’onere della prova». Ovvero: se ti tirano in ballo sta a te dimostrare le tue ragioni.

E non c’è soltanto la scuola nel mirino dell’ex procuratore Tinti. Che adesso sembrerebbe puntare dritto anche sulla polizia municipale.

Sollevando al questione dell’illegittimità della «perquisizione». I vigili, quel giorno di novembre di un anno fa, arrivarono al Pininfarina chiamati dalla presidenza. Aprirono gli zaini del ragazzo e contarono le merendine e le bibite. Perquisizione «arbitraria e illegittima» insistono gli avvocati. «Mio figlio era, ed è, un minorenne» diceva il padre nei giorno in cui gli venne consegnata la multa. «Hanno perquisito un minorenne che vendeva merendine. Lo hanno trattato peggio di uno spacciatore, di un delinquente». Insomma: le divise hanno messo paura al giovanotto. Che, 67 giorni dopo quel blitz a scuola, quando la storia era già oggetto di pettegolezzi, prese di posizione indignate, manifestazioni pro e contro, premi e tutto il resto, s’è visto arrivare a casa la sanzione. Da 5 mila e rotti euro. Senza sottilizzare troppo sui tempi lenti della burocrazia, gli avvocati adesso tirano in ballo accertamenti successivi. Annunciati, ma che non sarebbero stati fatti, in quanto non ci sono atti che raccontino una storia differente.

Il nuovo capitolo termina qui. Quello successivo sarà scritto da chi deve dare valutazioni tecniche-giuridiche-amministrative. E tutto questo perché le brioches della scuola costavano il doppio di quelle del supermercato.

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