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Dal lotto al videopoker, il Piemonte "investe" nell'azzardo sei miliardi

L'allarme da una ricerca dell'Asl3 di Torino: la crescita non si ferma

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UN MILIARDO e 237 milioni: tanto hanno speso i torinesi nel 2015 per il gioco d’azzardo. Una cifra impressionante, di poco inferiore al miliardo e mezzo che rappresenta il totale delle entrate del Comune di Torino. A livello regionale il paragone è ancora più inquietante visto che il fatturato dei giochi d’azzardo è di 6,3 miliardi, a metà tra i 4,5 miliardi che è la somma di tutti i bilanci dei comuni piemontesi e i circa 9 della spesa sanitaria regionale.
Dell’intera somma, 5 miliardi sono relativi ai giochi tradizionali, come lotto o videopoker (che da soli valgono 3,4 miliardi) mentre gli altri 1,3 miliardi vengono spesi su internet. È come se ogni piemontese tra gli 0 e i 110 anni, quindi anche i minorenni, giocasse ogni anno 1400 euro.
«La spesa per il gioco d’azzardo continua a crescere: nonostante si credesse che il mercato fosse ormai saturo, in Italia nel 2015 si sono spesi 88 miliardi, 4 più dell’anno precedente», lamenta Paolo Jarre, direttore del dipartimento Patologie delle dipendenze dell’Asl To3. Un record già penoso a cui va aggiunto il denaro che finisce nei circuiti illegali, molto difficile da stimare.
«Un modo per contrastare questo fenomeno è l’approvazione di un serio regolamento comunale, di cui Torino ancora non dispone, che preveda ordinanze restrittive in particolare per ridurre in modo drastico l’orario di funzionamento di slot machine e video lottery» , attacca Paolo Jarre. A Napoli, per esempio, le macchinette possono funzionare solo 5 ore al giorno, a Milano 8. A Torino, invece, nulla vieta che siano accese 24 ore su 24 se il locale resta sempre aperto. E se si tiene conto che ogni apparecchio videopoker messo in un qualunque bar o tabaccheria non rende meno di mille euro al mese, si capisce quale sia l’interesse economico a farle funzionare il più a lungo possibile.
«La riduzione dell’orario non è la soluzione del problema - chiarisce Jarre - ma è la strada giusta, sia da un punto di vista educativo, sia per ridurre concretamente l’accesso delle fasce di popolazione più vulnerabili, giovani e anziani». Tuttavia non sempre la giurisprudenza ha appoggiato le scelte più coraggiose. A Verbania, per esempio, il Tar del Piemonte aveva annullato il regolamento comunale di riduzione degli orari, del 2005, perché all’epoca era stato seguito un orientamento più rigoroso sulle competenze degli enti locali, poi cancellato dalla Corte costituzionale, che ha inserito la ludopatia tra le questioni di tutela della salute. Infatti lo stesso Tar ora ha respinto la richiesta di risarcimento danni per due società di gioco che si ritenevano penalizzate.
Ovviamente non tutto ciò che si gioca viene perso. Anzi, in realtà le vincite sono abbastanza alte, in media l’80 percento. Tuttavia non vengono quasi mai intascate, ma “reinvestite” in altre giocate. Il 20 percento che viene perso, in parte finisce nelle casse dello Stato e in parte va ai gestori dei giochi.