Negli Anni 70 non c’era bar in Italia che non risuonasse dei colpi della pallina lanciata contro i bersagli luminosi di un flipper. Poi con gli Anni 80 cominciarono ad arrivare i videogiochi e fu l’inizio della fine: oggi delle 400mila macchine in circolazione a quei tempi ne sono rimaste poche centinaia.

Sono sparse come esemplari in via d’estinzione in locali sempre più rari. E così a Bologna, la città dove si sono concentrate le aziende del settore, hanno pensato di dedicargli un museo che ne ripercorre la storia: dai giochi francesi di fine ‘800, come le bagatelle, ai pinball americani ancora sprovvisti di palette, fino ai flipper veri e propri, la cui data di nascita ufficiale è il 1947, con il Gottlieb fabbricato negli Usa.

Si chiama «Tilt», come quando la macchina andava in stallo, e documenta 30 anni di storia pop recente, raccontata attraverso le soluzioni grafiche che addobbavano cassoni e tabelloni. «Da noi la diffusione è iniziata negli Anni 50, parallelamente ai juke-box - spiega Federico Croci, presidente dell’associazione “Tilt” e artefice del museo -. Era il periodo in cui il bar si trasformava in un luogo di ritrovo dei giovani. Negli Anni 60 e nel decennio successivo quasi tutti i bar ne avevano uno e, del resto, erano gli unici giochi permessi, anche se non mancarono gli ostacoli: nel ’65 uscì una legge che vietava il flipper, equiparandolo al gioco d’azzardo, ostacolo che venne aggirato cambiandone la denominazione in “nuovo bigliardino elettrico”».

Disegni e serigrafie riproponevano mode, sport e film: così negli Anni 50 fiorivano immagini di baseball e bowling, presto soppiantate dal calcio e dal tennis. Dopo che Marilyn Monroe interpretò «Bus Stop», la sua silhouette finì su flipper e juke-box ma poi, con le missioni nello spazio negli Anni 60, furono missili e astronavi ad affermarsi nella grafica, fino al trionfo del film «Tommy» di Ken Russell, nel 1975, che metteva in scena l’epopea della star del flipper concepita nell’omonimo concept album di «The Who». Roger Daltrey ed Elton John che si sfidavano a pinball divennero testimonial perfetti del bigliardino elettrico.

Verso la fine degli Anni 70 ecco i primi esemplari elettronici, con i conta-punti rimpiazzati da display. Sono le avvisaglie di un declino che andrà di pari passo con l’evoluzione della tecnologia: «All’inizio degli Anni 80 escono i videogiochi a moneta e cominciano a insidiare i flipper, anche se nei primi tempi c’era ancora spazio per tutti – aggiunge Croci - Anche il juke-box, pur essendosi evoluto coi laser-disc e i video dischi, faticava a reggere la concorrenza dei video musicali. Il problema per i flipper però c’è stato con l’arrivo della Playstation, nel ’94, quando sono diventati disponibili dispositivi di gioco che potevano essere usati a casa».

Il colpo finale l’ha assestato l’adsl, all’inizio degli anni 2000. Oggi a Bologna sopravvivono solo due bar dov’è possibile giocare a flipper e l’associazione «Tilt» ha creato un sito dove segnalare i bigliardini elettrici sopravvissuti come panda alla deforestazione: maps.tilt.it.