Don Danilo Magni ha lo sguardo profondo e intelligente. Si illumina quando parla del programma di inserimento al lavoro condotto a Torino dalla Congregazione a cui appartiene, i Giuseppini del Murialdo. Ma si entusiasma ancora di più quando parla della sua attività (quasi) principale: quella di startupper seriale e consulente per le neo imprese. Di solito non è un compito che ci si aspetta sia svolto da un uomo di Chiesa, eppure da anni don Danilo è tra i più attivi consulenti e realizzatori di start-up del Nord d’Italia e forse dell’intera Penisola.

«La mia Congregazione, in realtà, fa questo sin da quando è stata fondata a fine Ottocento e cioè trovare modi per formare e inserire nel mercato del lavoro giovani svantaggiati che altrimenti non avrebbero strumenti per farcela da soli», spiega a pochi giorni dall’inaugurazione di Rinascimenti Sociali, primo acceleratore italiano partecipato anche da una congregazione religiosa (sì, proprio un acceleratore di start-up innovative e non solo legate al terzo settore). «E’ buffo, quando studiavo teologia non avrei mai immaginato che un giorno mi sarei occupato di economia! Ma i tempi cambiano e bisogna adeguarsi», racconta don Danilo, approdato a Torino nel 1997. «In quel periodo la città portava già i segni di una profonda trasformazione sociale ed economica. Con la Congregazione formavamo i ragazzi soprattutto nel settore metalmeccanico ma con l’avvento della crisi e il crollo delle assunzioni ci siamo resi conto che anche il nostro approccio al mondo del lavoro doveva cambiare».

Il cambiamento ha un’espressione oggi ben nota: diventare imprenditori di sé stessi, non aspettare che qualcuno ci dia un lavoro ma iniziare a crearselo in modo autonomo. Concetti che diamo per scontati e che, nell’immaginario collettivo, sono associati a uomini d’affari, concorrenza, soldi. Poco o per nulla al mondo spirituale. «Abbiamo iniziato a creare start-up con un modello ben preciso, quello dell’impresa sociale in cui i soci non si dividono gli utili ma reinvestono i guadagni nel progetto stesso, tolti ovviamente i compensi per il lavoro svolto». Oggi don Danilo è presidente di Social Fare, srl voluta dalla Congregazione e oggi punto di riferimento anche europeo sui temi dell’impresa sociale.

«Fare start-up è tutt’altro che semplice: bisogna essere onesti e quello che accade è che la maggior parte delle start-up muore alla nascita. E’ la fase di accelerazione quella che va curata e non credo che il denaro in sé sia un disvalore, anzi spero che i ragazzi che accompagniamo siano bravissimi a creare ricchezza, una ricchezza frutto non dello sfruttamento ma della progettualità e della condivisione», continua don Danilo che nonostante la ritrosia per le materie economiche oggi mastica piani di sviluppo e bilanci. «E’ una cosa che se ci penso mi fa sorridere, ma in fondo studiare fa bene e aiuta a migliorare i progetti e a rendere le imprese più forti sul lungo periodo. Credo si sappia poco della dottrina sociale della Chiesa che si occupa proprio di queste tematiche, di economia e di lavoro. E credo si conoscano ancor meno le encicliche che rivendicano la dignità del lavoro e dei lavoratori».

Con i Giuseppini del Murialdo don Danilo ha visto nascere da una attività fallita il Gruppo Spes, impresa che produce cioccolato artigianale. Poi c’è Dinamo Coop, cooperativa multi servizi che si occupa di pulizia, manutenzione, aree verdi e traslochi. L’imprenditorialità che nasce in parrocchia è una realtà solida, ora trasfusa nel mondo patinato e un po’ esclusivista delle imprese innovative. La Chiesa stessa si è accorta dell’impatto sociale ed economico che il settore delle start-up può avere, tanto che il Vaticano ha lanciato un suo acceleratore Scholas Labs e c’è chi invece, come Impresa Orante (qui un approfondimento di Vatican Insider) , porta la preghiera nei luoghi di lavoro per migliorare la produttività e combattere la depressione che la crisi ha contribuito a diffondere. «Applicare il messaggio evangelico alle start-up è possibile – conclude non Danilo - Non è forse questo che dovremmo fare per i ragazzi? Aiutarli a reggersi con le loro gambe e quindi a creare imprese solide?». Parole sante.

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