Il 18 per cento dei bambini torinesi consuma il pasto principale a scuola. In termini di calorie e di fabbisogno proteico ciò che fornisce la mensa serve a sostenerli per la maggior parte della giornata, dare loro forza, farli crescere.

Il dato colpisce perché è un segno pesante di come la crisi tocchi tanti piccoli torinesi, un indice di come molto concretamente la povertà può incidere sulla salute del compagno di banco. Di questa condizione, della forbice che continua ad allargarsi tra chi sta bene e chi sta male, soprattutto in determinate aree, hanno parlato ieri l’assessore alle Politiche educative della Città, Mariagrazia Pellerino, e Maria Caramelli, direttore dell’Istituto Zooprofilattico, al convegno che l’Istituto ha dedicato ai controlli e alla sicurezza nelle mense scolastiche, un universo da 48 mila pasti al giorno, compresi i 5400 composti su esigenze etico-religiose e 1600 su diete per patologie.

Nel piatto

«Ho incontrato le 320 commissioni mensa delle nostre scuole, dai nidi alle medie - racconta l’assessore - e in questo giro mi sono resa conto che le conoscenze e le abitudini alimentari sono molto differenziate in una città multiculturale come la nostra. Mi sono anche resa conto di quanto i pasti in mensa siano essenziali per tanti bambini».

I legumi sono stati aboliti e al loro posto è aumentata la quantità di carne. «Abbiamo modificato il menu, eliminando quei cibi che i bambini avevano indicato come meno graditi, quelli che spesso restavano nel piatto. Tra questi i legumi. Nei quartieri più benestanti ci hanno chiesto di reintrodurli perché, dicevano le madri, sono sani e la carne i bambini la mangiano a casa». In altri quartieri, quelli dove si concentrano le difficoltà, reazione di segno opposto. «Là ci chiedono più carne. E il motivo è chiaro: a casa ben difficilmente la famiglia riesce a comprarla», dice Pellerino, colpita dalle parole di un ragazzino durante il pranzo in una mensa della Circoscrizione 6. «Mi ha chiesto perché un suo amico non possa fare sempre il bis. Gli ho spiegato che in mensa valgono regole a salvaguardia della salute, che non si fa il bis di pasta anche per evitare l’obesità. Il bambino mi ha risposto che però il suo amico a casa, la sera, non aveva poi così tanto da mangiare...».

Pranzo a casa

Alla scuola Gabelli, nel cuore di Barriera, la dirigente Nunzia Del Vento conferma. «Le maestre raccontano che a volte, quando in scienze si studia l’alimentazione e si fa la tabella calorica, i bambini dicono che vanno a dormire con una minestrina». Ma c’è dell’altro. «Sono preoccupata perchè il 30% dei nostri alunni va a casa a pranzo. Con l’Isee al minimo le famiglie spenderebbero 24 euro al mese, poco più di un euro a pasto... Ma ci sono anche bambini che vengono a scuola senza aver fatto colazione - dice Nunzia Del Vento - e non per ragioni di tempo, ma perché è già tanto che la famiglia riesca ad imbastire un pasto al giorno».

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