Milano, 25 marzo 2014 - 13:49

Il 2048 di Gabriele invade il mondo

Il puzzle game creato dal 19enne di Gorizia è stato giocato in tre settimane da 9 milioni di persone, dagli Stati Uniti alla Cina. E così iniziano a piovere le email di lavoro

di Greta Sclaunich

La schermata di 2048 con il punteggio più alto raggiunto La schermata di 2048 con il punteggio più alto raggiunto
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Che il suo gioco stesse andando forte se n’è accorto grazie alle email di lavoro: arrivavano da tutto il mondo e gli proponevano consulenze, collaborazioni ed impieghi veri e propri. Gabriele Cirulli, 19enne della provincia di Gorizia, si è diplomato l’anno scorso all’istituto tecnico locale, non è iscritto all’università e non ha nemmeno mai compilato il curriculum vitae. Finora non ne ha avuto bisogno: a garantire per lui c’è “2048”, il puzzle-game matematico diventato nelle ultime due settimane il rompicapo più cliccato della Rete. “Dal 9 marzo, giorno in cui ho messo online il gioco, la pagina ha ricevuto 9 milioni di visitatori unici che hanno giocato circa 100 milioni di partite”, enumera Cirulli via Skype. Sì, perché a dispetto di tutta l’attenzione dei media (perfino il Wall Street Journal gli ha dedicato un articolo) lui alla privacy ci tiene: rifiuta le interviste a tv o a radio, non vuole dare il suo numero di cellulare e preferisce non indicare nemmeno il nome del paese in cui vive. Eppure sul web è ormai una star: “In tanti mi scrivono, soprattutto dalla Cina e della Russia, per ringraziarmi per aver creato il gioco. Mi mandano gli screenshot dei punteggi raggiunti e mi seguono su Twitter: due settimane fa avevo 100 follower, ora ne ho più di 8mila”.

Gabriele Cirulli
Gabriele Cirulli

Giocatori dagli Stati Uniti alla Cina

“2048” dà dipendenza. Si basa su multipli di due che vanno spostati attraverso una griglia composta da 16 caselle: ogni volta che due numeri uguali finiscono vicini questi possono essere sommati. L’obiettivo di arrivare a 2048 è più facile a dirsi che a farsi: “Solo l’1% delle partite finiscono con la vittoria, io stesso ho solo sfiorato il traguardo: mi sono fermato a 1024”, ci racconta Cirulli. I più appassionati sono gli americani (dagli Usa sono arrivate 7 milioni di visite), seguiti da cinesi (4 milioni) e brasiliani (2 milioni). L’Italia? “Arriva 17esima, con solo 299mila visite”, sorride. Numeri da capogiro dai quali, però, lui ha scelto di non ricavarci nulla: “Ho sviluppato il gioco basandomi su altri giochi simili, non mi sembra giusto guadagnarci. Anzi, è open source: così chi vuole lo può migliorare”. A dire il vero qualche soldo è arrivato comunque. Grazie alle donazioni libere finora Cirulli ha guadagnato qualche centinaio di euro, “mica male per un progetto inventato per ammazzare il tempo durante il weekend”. E nemmeno pubblicizzato: online dalla sera del 9 marzo, è finito il giorno dopo sul sito “Hacker news” e da lì, di click in click, è diventato virale senza che il suo creatore muovesse un dito per promuoverlo. “Non sono fatto per questo tipo di cose – si schermisce – non sono abituato alle luci della ribalta: è difficile da gestire tutta queste attenzione”.

La prima pagina web alle elementari

La fama in sé non sembra interessargli. Ma il lato buono sono le offerte di lavoro in arrivo, “ne sto valutando diverse, ma il mio obiettivo resta lavorare su progetti interessanti, magari inventati da me”. Cirulli si è diplomato l’anno scorso e ha scelto di non proseguire gli studi, “nel mondo di oggi conviene buttarsi subito nel mercato del lavoro, dato che le abilità tecniche le avevo già”. A proposito di abilità tecniche, la sua prima pagina web l’ha creata per gioco alle elementari, spulciando tra gli appunti di un corso di informatica della mamma. Poi è passato alla creazione di videogiochi e oggi fa il freelance per lo sviluppo di progetti web: “Lavoro da casa dei miei genitori, nel paese dove sono nato e cresciuto. Ma i miei clienti sono tutti stranieri, e passo le mie giornate lavorando in inglese”. “2048” gli ha cambiato la vita: “Ha ampliato le mie prospettive e rimesso in discussione il modo in cui immaginavo il mio futuro. Aspetterò che si calmino le acque, poi valuterò: potrei continuare a lavorare come freelance o accettare un contratto in una delle aziende che mi hanno contattato. L’università, invece, per ora la escludo”.

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